Le Interviste di Allinfo.it : Paolo Simoni (@simonipaolo)

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Che “Si narra di rane che hanno visto il mare” sia  il terzo album in studio di Paolo Simoni e contenga 11 tracce (un tempo) inedite di cui l’artista ha firmato le musiche e i testi è, oramai,  un dato di fatto come lo è altrattentato  la notizia che lo ha visto aprire il 20 marzo e , a seguire il 23 marzo,  il concerto di uno dei suoi miti (Francesco De Gregori) . Una opportunità grande, anzi grandissima alla stregua di quella che lo ha condotto, ancor prima, sulla via dell’opening act negli stadi dei live  di Ligabue  e  , due anni prima, nei meandri del disco   “Ci voglio ridere su“, arricchito dalla collaborazione con Lucio Dalla che ha dato alla luce  il duetto nel brano  “Io sono io e tu sei tu”.

Parliamo, quindi, di Paolo Simoni che è, attualmente, in rotazione con la canzone “15  agosto“.

Se provi a cercare qualcosa in più su di lui nella rete, spiccano, inevitabilmente, da un lato, l’incipit della sua biografia presente su Wikipedia che apre in maniera molto chiara e indicativa ovvero :” Nel 2000 si iscrive all’Accademia della Canzone di Sanremo, ma non supera le selezioni quindi non viene ammesso nella categoria Giovani del Festival di Sanremo 2001.”  e dall’altro un taccuino virtuale che continua ad impressionare con dei bei pensieri tanto da scrivere ad un certo punto:  Quando non ti aspetti nulla dalla vita è il momento esatto in cui lei ti stupisce“.

Paolo, confermi tutto ciò che scrivi?

Sicuramente. Quando non ti aspetti nulla la vita, lei,  ti sorprende e ti regala ogni volta qualcosa di nuovo. Non c’è speranza e, quindi, non c’è attesa. L’attesa si porta via , secondo me, la fede, quella di  credere che qualcosa accadrà.

Dai discorsi che fai, dalle parole che scrivi nel tuo taccuino si percepisce l’idea che tu  abbia piacere nel parlare con te stesso?

Parlare con se stessi è vitale. Puoi interrogarti e indagare  su chi sei, su chi sono gli altri,  su  cosa puoi fare nel  tempo speso a vivere  su questa terra.

Che rapporto hai con le parole?

Le parole sono lo strumento magnifico che abbiamo e a Sanremo (2013)  ho portato il brano “Le Parole” per aprire un varco proprio su questo discorso. Se ci pensi, oggi, sono dovunque:  scritte; parlate; sentite alla radio. Spesso sono vuote e senza significato e altrettanto spesso  occupano il vuoto che, di contro,  dovrebbe essere riempito dal silenzio.  Non è un caso che il contatto con se stessi nasca dal silenzio e  dalle parole che vengono dopo: con la canzone e con tutto quello che è  comunicazione, arte.  E l’arte, se riesci a prenderla dal lato giusto, diventa  quel  percorso interiore necessario che trasforma in stupore ciò che ti capita e in regalo la musica che ti fa da compagna.

Crediamo che le rane vedendo il mare abbiano provato molto stupore. L’album narra di questo stupore? Ci racconti come è nato,  se è  stato un viaggio e come ti sei scoperto dopo averlo scritto?

Mi sono scoperto più maturo più consapevole e poi ho scoperto che la musica e la vita sono due realtà serie ma non tanto serie da prenderle seriamente. Questa rana che esce dal proprio stagno e compie il suo viaggio ha una voglia di scoprire, a costo della propria vita,  la propria esistenza. Sa bene che uscendo dal proprio stagno percorrerà strade difficili, non battute, fin troppo pericolose, tuttavia,   questo processo le implica l’esercizio del coraggio : il coraggio di affrontare le proprie paure, la vita. Anche non accettando, per partito preso, quello che le è stato insegnato  fin dalla nascita.

Dimostri di avere una attenzione particolare per le Rane che in questo disco ti rappresentano. Ritieni che il tuo diamond sia una rana?

E’ una guida, un archétipo che mi accompagna nel vivere la mia vita in un’altra maniera. Quindi penso proprio di sì.

Questo disco è anche un rientro in Warner? Con quale spirito?

C’è stato un cambio di presidenze e anche mio. Non so spiegare come sia capitato perché è capitato  senza troppo cercarlo. In questa fase della mia vita il mio  tornare in Warner l’ ho vissuto   come il rientro in un contesto che sento come casa mia.

Nel gioco della vita anche “La Crisi”  può valere un incontro importante?

Beh il brano “La Crisi” mi ha condotto sulla via dell’incontro  con  Claudio Maioli (manager di Ligabue e anche il mio). Illuminante e forgiante. Maioli è  un amico e un appassionato della musica d’autore. Ascoltando in macchina dei miei provini   chiese subito chi fossi e volle incontrarmi. Dal giorno in cui mi ha invitato a Correggio la mia vita è cambiata. Ho avuto la possibilità di migliorare,  di fare dei dischi con dei professionisti. Ho anche girato e sto girando tanto.  E col  pianoforte rosso che mi ha regalato ha dato voce e  forza alla mia creatività.

E quanto da te detto apre il discorso sul capitolo degli incontri. Ciascun incontro ha, per te,  un valore particolare?

Ciascun incontro materializza un sogno fatto da bambino: da Lucio Dalla a De Gregori, da Paolo Conte a Massimo Ranieni , da  Pagani a Guccini. Praticamente i miti della mia adolescenza.  A 10 anni non capivo nulla delle lore parole che ascoltavo percependone solo il senso.  Incontrarli è stato togliermi anche  tante mie curiosità che sono diventate esempio una volta chiarite a me stesso.

La musica ha bisogno di contagio positivo, però mi viene da chiederti del tuo stato d’animo:  Ti ha mai sfiorato la paura  di non scoprire  i tuoi miti come li avevi sempre immaginati?

Non ho mai avuto timore perché, nei loro riguardi, provo profonda stima  che è rimasta immutata anche dopo la loro conoscenza. Non mi permetto di sindacare  come un artista viva la sua vita. Conoscerli è stato viverli.  Siamo tutti esseri  umani e non mi piace valutare l’artista ma l’opera.

E’ così  forte la  tua voglia di comunicare che, ad un certo punto,   sei partito in tour carico della voglia di provare persino  l’esperienza degli Stadi?

Gli stadi  sono  stati   e continuano ad essere la causa della mia apertura mentale, che definisco totale. Grazie alla musica nei grandi luoghi con tante gente ho capito che esistono  dinamiche che vanno rispettate e ho imparato che bisogna essere molto camaleontici , modulari e  imparare a gestire queste cose.  Inutile dirti che è una  responsabilità-opportunità  aprire i concerti dei tuoi miti.

Domanda secca: l’arena è sempre l’arena? Non ha eguali?

E’ un posto magico. E’ arrivata a distanza di soli sei mesi dal giorno in cui, inconsapevolmente, ho  espresso il desiderio di suonarci.  E’ stato qualcosa che mi ha portato oltre il pubblico, oltre il momento

Le tue esperienze insegnano che bisogna stare attenti a ciò che si sogna?

Bisogna imparare a sognare. E’ un vero e proprio mestiere in cui bisogna stare molto attenti a ciò che si pensa. La mente è sempre pronta a sviluppare dinamiche che tanto inaspettate, poi,  non sono. Ci sono anche situazioni che accadono perchè le devi imparare . E bisogna stare molto attenti alle parole che si dicono.  Da quando esiste il web si è smesso di vivere, progressivamente, la realtà e ciò ha portato a sostituire la calma con gli sfoghi continui che, noi tutti continuiamo a registrare soprattutto  in uso ai giovani. Giovani pronti a mandare il mondo a fanculo invece di capirlo.

Quando canti, cosa fai per riuscire a sentirti oltre?

Penso soprattutto alla canzone che devo cantare a al  vortice che, cela dentro di sé e,  puntualmente, mi risucchia. Solo così riesco a rivivere   la medesima  emozione che ha generato quella particolare canzone. E per me è importante riviverla

Abbiamo parlato del passato, del tuo presente. Il tuo prossimo futuro, invece, come lo immagini?

Con nuove date, un  nuovo tour rigorosamente con il pianoforte. Nel frattempo  sto  lavorando, poi,  alle canzoni del mio quarto disco che  se provi a chiedermi com’è non so ancora definirtelo.

E…

Ragazzi sognamo e sognamo per bene.

di Giovanni Pirri