Quando Guardie e Ladri era un bel film

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Guardie e ladri è un film del 1951 diretto da Mario Monicelli e Steno. Fu prodotto da Dino De Laurentiis e Carlo Ponti e interpretato da Totò e Aldo Fabrizi.

Siamo cresciuti con l’idea del Ladro “di famiglia”. In fondo si deve pur campare… tenendo bene a mente che l’arte della truffa è un gioco, un po’ sopra le righe, ma pur sempre una occasione per mettere alla prova la propria creatività

Capita però che qualcuno, al di fuori dalla finzione scenica, imbracciando un fucile per difendere un proprio concittadino in difficoltà, si scopra a sparare istintivamente un colpo d’arma da fuoco uccidendo accidentalmente un rapinatore e venga pure denunciato e processato con la scusa “dell’eccesso di difesa”.

Guardie e ladri ha una amarezza di fondo che è figlia di tempi difficili. Oggi i tempi sembrano non essere più gli stessi ma sono sempre difficili per via di quella efferatezza che tutela i forti.

Ricorderete certamente la trama di Guaedia e Ladri.

Ferdinando Esposito è un piccolo truffatore che cerca di mantenere la famiglia con i suoi espedienti. Travestito da guida turistica, e con il suo socio d’affari Amilcare, finge di aver trovato una moneta antica nel Foro Romano e la vende per 50 dollari a un turista americano, il quale si accorge troppo tardi della truffa. Quella stessa mattina i due organizzano una seconda truffa al Teatro Quirino, dove sta avvenendo la distribuzione di alcuni pacchi-dono, destinati alle famiglie. L’idea è di ingaggiare un gruppo di bambini, che dovranno recitare la parte dei loro figli, ma Esposito è senza biglietto. All’entrata del teatro si imbatte con un grasso agente di polizia, il brigadiere Lorenzo Bottoni, così comincia una discussione tra i due e, per non avere problemi e per non bloccare la fila, la guardia gli permette di entrare. La truffa non finisce bene, il presidente del comitato di beneficenza è Mr. Locuzzo, il turista americano truffato, e durante la distribuzione dei pacchi lo riconosce e lo denuncia seduta stante.
Una scena dell’inseguimento

Comincia così un lungo inseguimento da parte dell’agente di polizia Bottoni. Esposito riesce a prendere un taxi mentre il brigadiere sale nella macchina dell’americano, con lui al volante. Il taxi di Esposito finisce in una strada bloccata in aperta campagna e l’uomo è costretto a scendere. L’inseguimento si trasforma in una vera a propria caccia all’uomo, il ladruncolo non è inseguito solo dalla guardia e dal turista americano, ma anche dal tassista. Dopo una lunghissima ed estenuante corsa attraverso il fango e la campagna, Esposito è costretto a fermarsi – poiché sofferente di fegato – seguito immediatamente dal brigadiere, anch’egli stremato.
Il brigadiere Bottoni (Aldo Fabrizi)

Dopo alcuni diverbi inizia un umano dialogo tra i due, nel quale Bottoni consiglierà ad Esposito una cura per il fegato. Giunti Mr. Locuzzo e il tassista, che erano rimasti indietro, inizia una litigata di gruppo, intanto l’agente Bottoni ammanetta (con una catenella) Esposito, il quale confessa all’autista di non avere denaro per pagarlo. Poiché Esposito non ha più la forza di camminare, l’americano è costretto a tornare indietro a recuperare l’auto, seguito dall’autista, che attende ancora che qualcuno lo paghi. Il ladro e il brigadiere si fermano ad un’osteria lì vicino, si siedono e aspettano. Dopo alcuni minuti, Esposito finge un improvviso attacco di colite, e il brigadiere è costretto a scortarlo in bagno, tenendolo legato, però, con la catenella attraverso la porta. Mr. Locuzzo è di ritorno insieme al tassista, Bottoni avverte Esposito, ma questi non risponde; allora il brigadiere tira la catena. Si sente il rumore dello scarico, l’agente si accorge che Esposito si è sfilato la catenella, l’ha legata a quella dello sciacquone ed è scappato dalla finestra. Mr. Locuzzo è furioso con Bottoni e dice che protesterà ai suoi superiori.

Più tardi, al commissariato, Locuzzo espone i fatti al commissario ed esige che Bottoni venga punito. Spunta fuori anche l’autista, ancora in attesa di esser pagato, ma niente da fare. Rimasto solo con il brigadiere, il commissario gli dice di non preoccuparsi, ma arrivate le telefonate dei superiori la situazione si capovolge: Bottoni è momentaneamente sospeso dal servizio e rischia di finire sotto processo se non addirittura di perdere il posto. Il commissario, cercando di venire incontro all’agente, lo informa di una possibile ipotesi: se riuscirà ad acciuffare il ladro entro la data prestabilita dal tribunale (3 mesi), contando solo su se stesso e senza l’aiuto di altri membri della polizia, potrà essere riammesso al servizio.

Sconfortato, il brigadiere ritorna a casa e decide di tenere nascosto l’accaduto alla famiglia. Come primo passo per trovare Esposito decide di controllare tra i cassetti degli schedati. Una volta trovate le informazioni si avvia, vestito di abiti borghesi, verso l’abitazione di Esposito: chiede informazioni al portiere e si informa sui membri della famiglia, e per non dare troppo nell’occhio entra in una bottega di barbiere lì vicino, inizia così il suo primo appostamento. Bottoni riesce ad avvicinare il figlio di Esposito, Libero, e cerca di guadagnarsi la sua fiducia, facendolo diventare amico di suo figlio Paolo, invitandolo a casa e regalandogli un maglione.
Libero (Carlo Delle Piane) mentre legge il suo tema descrivente la figura del padre

Passano giorni, e di Esposito, tuttavia, nessuna traccia. Bottoni, dopo l’ennesima attesa di fronte l’abitazione del ladruncolo, torna a casa e la moglie lo informa della presenza della famiglia Esposito (composta da moglie, figli, padre e cognato), che sono venuti per ringraziarlo per le gentilezze che ha fatto al ragazzino, ma non c’è traccia di Ferdinando. Le due famiglie si conoscono e tra il cognato del ladro e la figlia della guardia nasce una simpatia. Quella stessa sera, la famiglia di Esposito, rincasando, trova il capo di casa che attendeva il loro arrivo, che si lamenta per il motivo che all’abitazione ci deve essere sempre qualcuno in caso avesse bisogno di qualcosa. Dopo essersi fatto sentire, l’uomo racconta al padre l’episodio accadutogli e quindi il motivo per cui ha preferito passare dei giorni lontano da casa, poi controlla i compiti dei figli e rimedia la cena.
« Mio padre non è proprio quello che si dice un bell’omo. Mi ricordo che una volta, che lui litigò in autobus, uno lo chiamò scucchione. Il lavoro di mio padre è stare molto fuori di casa, e poi ritornare con stoffe, orologi, ombrelli e pure copertoni. Mio padre prima di uscire dal portone guarda sempre chi c’è per strada e ogni tanto telefona che vuole la biancheria… »
(Il tema scolastico di Libero)

La moglie Donata gli parla dei Bottoni, spiegandogli che sono persone per bene, e gli chiede di portargli dei fiori per ricambiare le loro cortesie. La mattina dopo, Bottoni, entrato nuovamente nel salone del barbiere, si accorge troppo tardi della presenza di Esposito, proprio accanto a lui, e se lo lascia scappare. Quella stessa mattina, l’uomo, ignaro dell’identità del brigadiere, decide di portare i fiori alla signora Bottoni, proprio mentre il marito è andato a casa di Esposito con la scusa di portare pasta e farina alla famiglia. Ha inizio una comica scena in cui i due si ritrovano a parlare al telefono fra di loro e Bottoni cerca di convincere Esposito a trattenersi a casa sua, dicendo che verrà subito perché ha desiderio di conoscerlo e deve proporgli un affare di molti quattrini, però l’uomo non si trattiene poiché deve partire per alcuni giorni… dopodiché la signora Esposito chiama il fratello Alfredo dicendogli che deve portare il solito pacco al marito. Bottoni decide così di seguire il cognato, sperando di acciuffare il ladro, scopre però che il giovane aveva un appuntamento con sua figlia Liliana.
Ferdinando Esposito (Totò) durante l’agnizione

Verso l’ora di pranzo, il signor Bottoni, dopo aver espressamente raccomandato alla figlia di non frequentare “quel tipo”, viene informato dalla moglie che la signora Esposito li ha invitati a pranzo per domenica (l’ultimo giorno prima della scadenza dei 3 mesi), ed è data quasi per certa la presenza del marito – ancora ignaro dell’identità di Bottoni. Come altra possibilità di incontrare Esposito prima del tempo, decide di assegnare un posto come magazziniere al cognato Alfredo (disoccupato), sperando che Ferdinando venga a casa sua per ringraziarlo.

Giunge il giorno del pranzo. Ferdinando ritorna dal suo breve viaggio “d’affari” e si accorda col suo socio Amilcare, perché devono ripartire per Napoli. Entra in casa dove fervono i preparativi, e la moglie gli dice che aspettano gente a pranzo. L’uomo, dopo aver sentito che si tratta dei Bottoni, sbotta di colpo dicendo di essere stufo di “vedere questi bottoni per casa”, fa presente di dover ripartire, prepara la sua roba e si appresta a uscire di casa. Per le scale incontra la signora Bottoni e la figlia, seguite dal signor Bottoni. I due si ritrovano da soli, faccia a faccia. Ed è allora che Ferdinando lo rimprovera per aver carpito la buona fede dei suoi familiari, mentre Bottoni gli confida il suo dramma. Una sorta di umana complicità nasce tra i due. Esposito comprende la situazione dell’agente e decide di lasciarsi arrestare.

I due decidono di tenere nascosta la verità alle proprie famiglie, si fermano a mangiare e decidono di avviarsi più tardi verso la questura. Ma durante il pranzo Ferdinando sceglie di andare prima del previsto; i due lasciano credere che abbiano affari comuni, che Ferdinando parta per un viaggio di lavoro e che Lorenzo lo accompagni alla stazione. L’uomo firma le pagelle dei figli, saluta le due famiglie e si avvia, accompagnato dal brigadiere. Si capovolgono i ruoli ed è lo stesso Esposito a convincere Bottoni a condurlo in prigione, nonostante la guardia ne sia ormai riluttante. Durante la sua assenza, sarà Bottoni a pensare anche alla famiglia di Ferdinando.